Vladimir Nikol’skij viene ordinato sacerdote ortodosso nel 1895. Parte missionario per il Giappone, dove diventa vescovo ausiliare della di Kioto. Nel 1913 è trasferito a Omsk, in Siberia, e dopo un anno a Perm dove concluderà la vita con il martirio all’età di 48 anni.
Nel gennaio del 1918 scrive una lettera pastorale, deprecando la persecuzione già in atto contro la Chiesa ed invitando tutti ad intensificare la preghiera e a far nascere in tutte le parrocchie dei gruppi per aiutare i più deboli nella fede. Anche nella diocesi di Perm vengono chiuse chiese e monasteri, e molti sacerdoti incarcerati. Il 29 aprile 1918 il vescovo viene perquisito. La notte del 17 giugno le guardie rosse circondano la cattedrale, sfondano la porta dell’abitazione del vescovo, lo arrestano assieme ai sacerdoti presenti. Nella notte del 19 giugno viene portato nei boschi: lo obbligano a scavare la fossa. Alla fine il vescovo chiede di poter pregare. Si inginocchia, prega per dieci minuti, si alza, benedice i poliziotti e dichiara serenamente: “Sono pronto”. Lo fucilano e lo seppelliscono.
Scrisse Andronik ad un sacerdote: “Probabilmente io non ci sarò, ma non mi abbandona la speranza e la certezza che la Russia risorgerà, ritornando a Dio. Fate del bene a tutti, fortificate quelli che sono sfiduciati della vita, infondendo in loro i principi luminosi del Vangelo di Cristo. Il nostro compito è quello di raccogliere in unità il gregge di Cristo, organizzare le forze vive del popolo di Dio in tutte le parrocchie, affinché i delusi di tutti i partiti trovino un rifugio vivo ed una pace tranquilla nella Chiesa e con i fedeli. L’anima del popolo risorgerà, e anche il suo corpo. Vi protegga la Provvidenza divina”.