Migliaia di sacerdoti, religiosi e laici spagnoli furono uccisi dopo lo scoppio della rivoluzione nelle Asturie nel 1934 e della guerra civile nel 1936; furono vittime di una persecuzione annunciata, caldeggiata e demagogicamente alimentata negli anni precedenti. Non si tratta di episodi sporadici, ma di una persecuzione generale. La rivoluzione del 1934, una sollevazione di sinistra contro il governo repubblicano, durò soltanto dieci giorni: in questo periodo vennero uccisi 12 sacerdoti, 7 seminaristi e 18 religiosi (passionisti, maristi, Fratelli delle Scuole Cristiane, gesuiti e carmelitani scalzi), e furono incendiate 58 chiese; altrettanto sarebbe successo nel resto della Spagna, se i focolai della rivolta non fossero stati rapidamente spenti.
Dal 1936 in poi sono stati contati 4.184 sacerdoti diocesani (inclusi i seminaristi), 2.365 religiosi e 283 suore, che fanno un totale di 6.832 vittime (non ci sono statistiche dei laici assassinati per il solo fatto di essere cattolici, ma sono anche essi numerosissimi). La maggior parte delle uccisioni ebbe luogo durante il primo anno della guerra.
Bisogna aggiungere l'accanimento con cui si andò alla caccia del sacerdote, del religioso e della suora, e l'inumana ferocia (insulti, percosse, bestemmie, mutilazioni, i più raffinati tormenti fisici e morali), con cui spesso vennero assassinati. E lo furono per il solo fatto della loro condizione di religiosi o di cattolici; quante volte si sentirono frasi come queste: è un prete, è una suora, ammazziamoli! Ma l'odio del sacro si evidenzia ancora di più dal fatto che il semplice possesso di un oggetto religioso (un crocifisso, una medaglia, un messalino) fu motivo sufficiente per l'assassinio di non pochi laici.